La zona d'interesse

La zona d'interesse

Descrizione del libro

«C'era una volta un re, e questo re incaricò il suo mago
prediletto di fabbricare uno specchio magico.
Questo specchio non ti mostrava il tuo riflesso.
Ti mostrava la tua anima - ti mostrava chi eri realmente».
E il campo di concentramento è quello specchio.
Nella zona d'interesse del campo, Golo Thomsen,
nazista mediocre, riscopre un sentimento che pareva
impossibile in quel luogo e in quel tempo.
S'innamora di Hannah Doll, una donna sposata,
che come lui sta scrutando lo specchio per capire chi è.
Ma c'è un problema: Hannah è la moglie del
Comandante: il cinico, spietato, grottesco Paul Doll.


Al Kat Zet, la zona d'interesse, la vita
scorre placidamente: madri che passeggiano
con le figliolette, ricchi pasti serviti
alla mensa ufficiali, tediosa burocrazia
negli uffici, caldi incontri nelle alcove.
Tutto intorno un'altra vita - se questa
è vita - freme e spira, a centinaia, a migliaia,
giú per le fosse, su per i camini.
Ma qui, lungo il viale alberato della
zona d'interesse, comprendente terreni,
officine e centro residenziale delle SS,
due amici d'infanzia - Golo Thomsen,
ufficiale di collegamento fra l'industria
bellica e il Reich, nonché nipote del gerarca
Martin Bormann, e Boris Eltz, capitano
valoroso e senza scrupoli - possono
fantasticare sulle morbide forme
della procace Hannah Doll, moglie dello
spietato Kommandant del campo, come
in un qualunque caffè del centro. Qui si
può ridere del tatuaggio sul braccio delle
Haftlinge - «il tuo numero di telefono?»
- e affogare il grattacapo di una partita
di 150 unità femminili troppo deperibili
in una dose extra di buon brandy.
Il grottesco per parlare dell'orrore.
Amis affida quella dimensione al piú allucinante
e macchiettistico dei suoi molti
antieroi, Paul Doll, che con i suoi tic, le
sue ansie e le sue lascivie, con il suo straniante
pastiche linguistico, incarna tutto
l'assurdo del regime. «E io, in modo vago
e confuso, mi chiedevo se la storia del
Nazionalsocialismo si sarebbe mai potuta
svolgere in una qualunque altra lingua...», osserva Golo.
Della tragedia che da quel regime promana
è invece interprete Szmul, capo dei Sonderkommando, «gli uomini piú tristi
del Lager». Szmul il corvo del crematorio,
Szmul che traffica in cadaveri, ma,
nel momento estremo della scelta, sono i
suoi occhi morti ad accendere della luce
della coscienza la vita che gli sopravvivrà.
E resta spazio, nel catalogo delle esperienze
umane travolte dall'orrore, per
l'investigazione dell'amore in tempo di
strage, attraverso il racconto dei turbamenti
passional-sentimentali dell'arianissimo
Golo, terza voce narrante del romanzo.
Ma può nascere qualcosa di buono
sullo sfondo dei camini?
Martin Amis torna a cimentarsi con la
ferita mai rimarginata dell'Olocausto, e
lo fa con la piú dirompente delle espressioni
umane: una caustica risata.

Italiano